GdS – Gagliardini all’Inter, i costi di una storia mai decollata
2023-01-16 14:21:00 Riportiamo di seguito quanto pubblicato poco fa dalla rosea:
Acquistato nel 2017 dopo mezza stagione promettente all’Atalanta e subito con Pioli, sei anni dopo si avvicina all’addio con dichiarazioni che hanno indispettito i tifosi. Il suo percorso in nerazzurro
Diciassette presenze in Serie A e subito la grande chiamata: nel 2017 l’Inter di Steven Zhang stravede per l’infaticabile 23enne di Bergamo e corre a blindarlo con un affare da circa 28 milioni tra prestito oneroso, successivo riscatto e bonus vari. Lui, sorridente, posa con il presidente tra Javier Zanetti e Stefano Pioli, che ha un dannato bisogno di muscoli e polmoni in mediana. L’ennesimo prodotto promettente del vivaio dell’Atalanta è pronto a spiccare il volo. Anzi, no. Se a sei mesi dalla fine del contratto con i nerazzurri il centrocampista fa infuriare parte della tifoseria con dichiarazioni di addio tra il polemico e il fin troppo schietto, qualcosa dev’essere andato storto. A 28 anni Gagliardini è nei fatti – da più di qualche mese – ai margini del progetto interista dopo un abbondante quinquennio di fedele servizio e tra l’abile faticatore e il suo pubblico qualcosa si è rotto da tempo. E non conta soltanto che i tifosi preferiscano la fantasia e l’estetico colpo di tacco al solido filtro in mediana, ma pesa più che altro il graduale peggioramento delle prestazioni in campo, con qualche lampo e maggiori incertezze dovute – va detto – anche alla minor abitudine a stare in campo. Quella che lui vuole riprendere con decisione nel suo prossimo futuro. Altrove.
Con Stefano Pioli
L’investimento e la fiducia
Farà storcere il naso ai tifosi, oggi, ricordare quei quasi 30 milioni spesi dalla società nel 2017: Kristjan Asllani, 20enne albanese dalle enormi potenzialità, è stato appena portato a Milano per circa la metà del costo, con estrema fatica della dirigenza nell’era della cosiddetta sostenibilità economica: altri tempi. Gagliardini arrivava – dopo tre prestiti in Serie B a Cesena, Spezia e Vicenza – da mezza stagione da protagonista alla sua Atalanta, il club che dall’età di 7 anni lo aveva plasmato calciatore. Madre natura ci aveva messo fiato, muscoli e resistenza fisica, il resto era frutto del lavoro congiunto con i vari membri dello staff giovanile della Dea. Prestito e poi riscatto, si diceva, per rinforzare la formazione di Pioli, non certo un all-star del Terzo Millennio nerazzurro ma con la necessità di aggiungere una pedina relativamente giovane per dare solido presente e futuro al centrocampo. Il risultato è nei numeri, con un 2017 da perenne presente, sempre da titolare tranne una panchina di Coppa Italia e una partita ai box, e anche due gol consecutivi in campionato. Poi l’addio a Pioli e la breve parentesi di Stefano Vecchi, prima del cambio della guardia a bordocampo.
Con Luciano Spalletti
Meno minuti, più gol
Per certi versi l’epoca d’oro di Gagliardini combacia con la gestione biennale dell’allenatore di Certaldo. Certo, il centrocampista non viene più spremuto completamente come accaduto con Pioli, ma l’esperienza del primo semestre nerazzurro dà i suoi frutti e Roberto riesce incidere ancor di più in una squadra che pare finalmente aver cambiato direzione dopo anni a dir poco complicati. Dal 2017 al 2019 Gagliardini macina 53 presenze di cui una dozzina dalla panchina, con una prima stagione a secco di reti e la seconda in cui invece il giocatore tocca la quota record di cinque centri stagionali, inflazionati da due doppiette al Genoa. Per assurdo è proprio nel secondo anno che Roberto comincia a giocare di meno, vivendo un po’ di partite dalla panchina. Da titolarissimo diventa l’uomo perfetto a cui ricorrere all’occorrenza in partite in cui serve un particolare filtro o più “massa” in mezzo al campo. Non è un caso che delle 7 presenze totali con la Nazionale, 5 arrivino proprio durante la gestione Spalletti: tutte, tranne l’esordio ai tempi di Pioli e l’ultima apparizione nella gestione successiva.
Con Antonio Conte
L’uomo di fiducia, scudettato
L’allenatore pugliese, si sa, adora i calciatori di sostanza: a lui servono giocatori che sappiano faticare e che nel sudore trovino la propria zona di comfort. Per questo, con lui, il famoso minutaggio di Gagliardini decolla e arriva a sfiorare i 4mila minuti in due stagioni, per ben 65 presenze complessive. Roberto corre, lotta e dà equilibrio a una squadra che impara a memoria meccanismi e filosofia del gioco contiano, proseguendo nel frattempo a segnare (7 reti nel biennio), sempre in campionato e soprattutto contro le liguri. Di fatto, l’allenatore gli dà tregua soltanto quando un problema fisico lo ferma a inizio 2020 e quando risulta positivo al coronavirus a ottobre dello stesso anno. Nel 2021, insieme, vincono lo scudetto. Il primo trofeo dell’era post-Triplete, il primo dell’era Zhang.
Tutti i numeri di Roberto Gagliardini
Con Simone Inzaghi
Minutaggio non tollerabile
E poi il presente. È vero, la seconda stagione con l’allenatore piacentino deve ancora concludersi, ma Gagliardini ha giocato molto meno della metà rispetto a quanto fatto con il tecnico precedente. Ha vinto, certo, ma da bordocampo: lo scorso anno sono infatti arrivate in bacheca una Supercoppa e una Coppa Italia, ma nelle due finali Gagliardini è rimasto ai margini. Per assurdo, soprattutto nella stagione attuale, i tifosi hanno contestato le sue poche apparizioni in campo: il pubblico reclamava Asllani, specialista però – va detto – in un altro ruolo. La minor classe tecnica, qualche movimento macchinoso e la graduale mancanza di abitudine al ritmo partita finiscono spesso sul banco degli imputati. Nell’anno dello scudetto perso a Bologna il centrocampista componeva (con Arturo Vidal e Matias Vecino) quel trio di alternative che pochissime volte è riuscito a non far rimpiangere i titolarissimi della mediana, mentre quest’anno è finito ancor più in secondo piano con l’arrivo di Henrikh Mkhitaryan, vero “quarto uomo” e jolly del reparto che ha dato continuità alla squadra anche in caso di forfait di un fedelissimo, ma allo stesso tempo lasciando poche briciole al bergamasco e all’albanese. Non ci saranno altri paragrafi, non all’Inter: il minutaggio interista non piace a Gagliardini, lo ha detto chiaro e tondo riconoscendo l’utilità dell’esperienza, mentre i tifosi si chiedono se quei quasi 30 milioni – più cinque anni e mezzo di stipendi – sono stati ben spesi. Forse, è meglio chiedere ai vari allenatori di Roberto: ognuno avrà una differente opinione.
© RIPRODUZIONE RISERVATA