Tuttosport – la sua prima squadra a San Paolo, ma granata!
2024-06-12 21:03:42 Arrivano conferme da Tuttosport:
Thiago Motta, un veneto nato in Brasile, con la Juventus e Torino nel destino. Sì, proprio così. Basta riannodare i fili con il passato e tutto torna. La storia del nuovo allenatore bianconero parte da Polesella, nel Rodigino, un piccolo paese che ne ha passate tante, compresa un’alluvione devastante, ma che si è sempre rialzato, forgiando caratteri e stakanovisti. Da qui è partito il bisnonno paterno Fortunato Fogagnolo, figlio di Alberto e di Maria Culatti: direzione San Paolo del Brasile.Nella megalopoli, precisamente a Sao Bernardo do Campo è nato il papà dell’ex condottiero del Bologna formato Champions, Carlo Roberto Motta grazie al quale Thiago ha passaporto italiano e vestito anche la maglia azzurra della nazionale. Polesella ha dato anche la cittadinanza onoraria a Thiago.
Thiago Motta e il Clube Atletico Juventus
Fin qui la via italiana. C’è poi la via… juventina. Perché il giovane Thiago Motta cresce nella Juventus, precisamente il Clube Atletico Juventus per dirla con la denominazione completa che comunque nessuno usa. La Juventus punto e basta, fondata da italiani ovviamente, nel 1924. Erano i dipendenti del Cotonificio Rodolfo Crespi, il cui proprietario – proveniente da Busto Arsizio, Varese – era uno sfegatato tifoso della Juve, il “conde” (conte). Ma perché il colore granata della maglia? Perché bianconeri erano già quelli del Corinthians e del Santos. L’azienda era rossonerobianca: ma lì si andava a controbattere il San Paolo, il Tricolor. E allora ecco la scelta: il granata del Torino, con un po’ di bianco. E con quei colori, dal ‘97 al ‘99, viene su un centrocampista lungo lungo: Thiago Motta, con la J sul cuore e il destino segnato. Nella polisportiva, il calcio è il fiore all’occhiello, ma ci sono pure le bocce, a tenere il cordone ombelicale con il Bel Paese.
La rivoluzione della Juventus
Thiago Motta lo ricordano con affetto. Nel “bairro da Mooca”, portato agli allenamenti da papà, il suo primo tifoso, poi agente. «Fisico asciutto, uno spilungone. Serio, leader, con i piedi buoni». Tre anni di formazione, prima di emigrare al Barcellona, inizialmente nella formazione B, poi con i grandi. Ma quella è un’altra storia. Che lo vedrà infortunarsi gravemente (in tutto 147 presenze e 10 gol in blaugrana), e scegliere di emigrare e ritrovare una seconda parte, gloriosa, di carriera, al Genoa, all’Inter e al Psg. Il passaporto italiano, ovviamente, ha aiutato.
Da Polesella (che gli ha conferito la cittadinanza onoraria: «Eh quel giorno mi sono sentito veramente emozionato e orgoglioso, italiano, fiero
delle mie origini») alla Juventus, dal Veneto al Brasile, dal Brasile all’Europa. Fino a Bologna, fino a Torino. Dal campo alla panchina. Una storia iniziata tanto tempo fa: dalla miseria del Polesine al successo nel calcio. Dal Triplete come giocatore al quinto posto come tecnico. Il viaggio, la destinazione: Juventus.
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