Questa Inter non ha due squadre: i limiti di Inzaghi, le colpe di Ausilio e Marotta|Primapagina

Questa Inter non ha due squadre: i limiti di Inzaghi, le colpe di Ausilio e Marotta|Primapagina

2025-01-11 11:30:00 Calciomercato.com riporta quanto segue:

Una sconfitta che fa male, molto male, e che è destinata a lasciare molte più tracce di quanto non si voglia far trapelare. Perché l’ambiente Inter si è abituato (bene) da qualche stagione a questa parte a raccogliere poche delusioni nel suo percorso. Soprattutto nell’ambito delle competizioni italiane, nelle quali la squadra di Simone Inzaghi ha spesso trionfato o è stata comunque altamente competitiva fino all’ultimo. Nello specifico, nella storia recente dei derby col Milan il divario tra le due formazioni era apparso parecchio ampio e il fatto dunque di averne persi due consecutivamente – uno dei quali per l’assegnazione di un trofeo – ha rappresentato un brusco ritorno coi piedi per terra per un’Inter che, guardandosi dentro, ha (ri)scoperto quei limiti che possono minare le fondamenta di un intero progetto.
Che la squadra campione d’Italia in carica rimanga la più forte del nostro campionato, anche dopo una battuta d’arresto così bruciante, resta fuori di dubbio. Perché anche in una Serie A tirata come non accadeva da diverso tempo, il bagaglio di esperienza e consapevolezza – unito ai valori tecnici della rosa nerazzurra – permettono oggi di custodire un margine di vantaggio rispetto alle più dirette competitor. Napoli e Atalanta su tutti. Eppure, la sconfitta in rimonta per mano del Milan ha rivelato alcuni punti e fatto emergere a galla delle verità che rischiano di complicare la corsa di Inzaghi verso la riconquista dello Scudetto e non soltanto. Perché osservando la gestione dell’organico fatta dall’allenatore piacentino nella prima metà della stagione e analizzando anche quelle che sono state le rotazioni nel doppio impegno di Supercoppa, l’impressione che ne esce rafforzata è che l’undici di partenza dell’Inter abbia pochi eguali. Ma che, privato di un paio di pedine fondamentali, sia meno imbattibile. Le assenze di Calhanoglu e Thuram hanno pesato enormemente nella partita contro il Milan, la lunga mancanza di due nomi come Acerbi e Pavard hanno presentato un conto in termini di stanchezza fisica e mentale – e di solidità – per il reparto di difesa.
E inoltre, al netto degli infortuni e dei fisiologici alti e bassi in termini di rendimento, il coinvolgimento e la risposta di parecchie seconde linee, sparse in ogni zona del campo, alimenta dei sospetti e delle perplessità sulla gestione che, non solo quest’anno, Simone Inzaghi ha sempre avuto nelle squadre che ha allenato. E l’Inter non fa eccezione. Il tecnico piacentino è solito trovare un undici di riferimento e calciatori sui quali insistere per avere risposte più certe e continuità di risultati. Provando ad inserire gradualmente quei giocatori che ai suoi occhi risultano più indietro, forse, nel processo di apprendimento. E’ quello che in questa stagione è accaduto e sta accadendo a Davide Frattesi, Tajon Buchanan, ma allo stesso Mehdi Taremi. Per non parlare dei “vecchi” Correa, Arnautovic e Asllani. Un sistema meritocratico, visto che un talento come Bisseck non ha faticato a ritagliarsi un ruolo da protagonista nelle rotazioni difensive, ma che presenta le sue controindicazioni. 


La finale di Supercoppa Italiana col Milan ne è stato un po’ lo specchio: con calciatori poco coinvolti, chiamati in causa nel corso della partita per portare freschezza dal punto di vista atletico e nuove soluzioni sotto l’aspetto tattico, incapaci però di dare un contributo positivo e determinante ai fini del risultato. Anzi, le prestazioni di Asllani per Calhanoglu e di Frattesi per Barella hanno finito per togliere qualcosa all’Inter nell’assalto finale per provare a mettere le mani sulla coppa e difendersi dal prepotente ritorno dei rossoneri. Capaci di rimontare due reti di svantaggio e di siglare il gol della vittoria a tempo scaduto, approfittando di un atteggiamento passivo dei due centrocampisti già citati. Se Inzaghi si aspettava una risposta dalle sue riserve – tanto più in un’occasione di questa importanza – la risposta non è arrivata. O, meglio, è giunta in termini negativi e pone qualche interrogativo.
La campagna acquisti fatta dalla società nel corso dell’ultima estate – ma il ragionamento potrebbe essere allargato alle due sessioni della stagione passata – ha risposto alle necessità della squadra e del suo allenatore? Calciatori come Arnautovic, Frattesi, Buchanan o lo stesso Josep Martinez, secondo portiere alle spalle di Sommer acquistato per 13 milioni di euro dal Genoa e schierato soltanto una volta in Coppa Italia, hanno rappresentato ad oggi un vero valore aggiunto per la rosa dell’Inter? Inzaghi, anche sulla base del minutaggio concesso a questi calciatori, ha quelle famose due squadre di cui spesso si è sentito parlare nell’elogiare la presunta profondità della rosa per affrontare tutte le competizioni in cui è coinvolta? I fatti sembrano dire di no e non si tratta di una conclusione figlia di una sconfitta. Che, per quanto dolorosa, è soltanto la terza da inizio stagione. Il timore è che l’Inter stia andando incontro ad uno scenario simile a quello dell’anno scorso quando, per vincere senza concorrenza il suo ventesimo Scudetto, sacrificò energie preziose per fare un cammino più lungo in Champions League. Arrivando spremuta al doppio confronto con l’Atletico Madrid. Una “colpa” ascrivibile alle scelte di Inzaghi – che anche in questo campionato ha schierato quasi sempre la miglior formazione pur contro avversari non di primissima fascia – ma pure a Marotta e Ausilio, che con poco budget a disposizione non sembrano aver individuato le giuste pedine per completare l’organico.
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