Dice la vulgata che il derby lo vince sempre, o quasi sempre, la squadra che sta peggio. Ma tra Milan e Inter, dopo quattro giornate di campionato, la differenza in classifica è di appena un punto. E, se è vero che i nerazzurri sono davanti, è altrettanto vero che i rossoneri non hanno ancora perso, come invece è accaduto alla banda di Simone Inzaghi. Insomma, non è per sottrarsi al pronostico o per indicare il più salomonico dei pareggi, ma le due rivali sembrano, in effetti, della stessa altezza e dello stesso peso.
Se torniamo a prima del campionato, posso dire che vedevo un testa a testa tutto milanese per lo scudetto, con la Roma terzo incomodo e la Juve in quarta posizione. Nel confermare quella previsione, mi rendo conto che un pari, domani pomeriggio, a San Siro, potrebbe favorire prima di tutto gli uomini di Mourinho e Gasperini che, vincendo a Udine domenica e a Monza lunedì, potrebbero momentaneamente allungare. Detto che sarebbe un vantaggio destinato a modificarsi, il derby è la partita clou della quinta giornata perché mette di fronte le prime due del campionato scorso, gli allenatori più attesi (chi alla conferma, chi al primo scudetto) e buona parte dei migliori calciatori in Italia. Lo stadio sarà pieno (75 mila spettatori) e lo spettacolo dovrebbe essere garantito dalla necessità che tanto il MIlan quanto l’Inter hanno di vincere. Più che una necessità tecnica ed agonistica, si tratta di una necessità etica: ci si gioca la leadership (momentanea) in campionato e il primato cittadino.
Se Milano può e vuole essere ancora la capitale del calcio, c’è bisogno che una delle due squadre avanzi la candidatura. A occhio, l’Inter ha più fame e più voglia di rivincita. Simone sa che lo scudetto della passata stagione, il MIlan l’ha meritato, ma l’Inter l’ha regalato. E che ha cominciato a farlo proprio nel derby di ritorno (5 febbraio) quando, in vantaggio di un gol fino al 75’ e di un punto in classifica, si fece rimontare da Giroud nel giro di tre minuti. Così da un potenziale più quattro (con la gara di Bologna da recuperare), l’Inter è finita sotto, ha perso la pedalata, la sicurezza e, infine, il campionato. Pioli, pur avendo vinto, ha capito che deve confermarsi al vertice per dimostrare che il successo non è effimero. La squadra, cresciuta e fortificata, lo sta seguendo, anche se ogni tanto perde il filo, come a Reggio Emilia contro il Sassuolo. Le critiche per l’uso massiccio del turnover non hanno risparmiato nemmeno l’allenatore del Milan che, peraltro, ha cambiato solo cinque elementi (il Napoli sei, la Fiorentina nove). Cinque elementi sono mezza squadra, ma, secondo me, l’opportunità l’hanno persa quelli che hanno preso il posto dei titolari senza mostrarsi all’altezza (almeno nella circostanza). Il problema, al contrario non se l’è posto per nulla Simone Inzaghi che, per tornare al successo contro la Cremonese, ha schierato Dzeko per Lukaku (ma solo perché il belga era infortunato), Dimarco per Bastoni (idem) e inserendo per poco più di metà partita Correa per Lautaro. Per il resto dentro i titolari. E’ ovvio che anche Inzaghi dovrà affidarsi all’alternanza, ma è altrettanto chiaro che dovendo recuperare punti e non sbagliare nel derby, l’allenatore abbia preferito qualche fatica in più al rischio di dover dare un altro colpo di freno.
A proposito di formazioni, i rossoneri ritrovano De Ketelaere, con Leao a sinistra e Messias a destra. Giroud unica punta, ma Origi può dargli il cambio o giocargli a fianco a partita in corso. In mezzo Tonali e Bennacer, dietro Calabria, Kalulu, Tomori e Theo Hernandez. Dall’altra parte non dovrebbe giocare Bastoni (ieri febbricitante), sostituito da Dimarco. Mentre davanti mi aspetto la sorpresa: Lautaro e Correa e non Dzeko. In mezzo i soliti noti, cioè quelli dell’anno scorso (escluso Perisic per Darmian) e quelli che hanno superato la Cremonese. Tira aria di pareggio, ma l’Inter, nonostante tutto, al momento ha qualcosa di più.