Emiliano Leva guarda l’Italia in tv e torna indietro nel tempo: “Per me quello che sta facendo Frattesi in Nazionale non è niente di nuovo” racconta nella nostra intervista. Lui, l’aveva visto prima di tutti. Oggi è il direttore generale dell’Atletico Morena, ma anni fa è stato l’allenatore di Davide nelle giovanili della Lazio: “Lui e Scamacca, erano tutti e due con me“. Due ragazzini, amici per la pelle come oggi. Leva ha lavorato con Frattesi per tre anni, dai 13 ai 15: “Sempre nei Giovanissimi, il primo anno era sotto età“. E via di ricordi, con un pizzico di soddisfazione nel vedere in Azzurro quel ragazzino cresciuto sui campi di Formello tra un dribbling e l’altro.
Quant’è orgoglioso di vedere Davide in Nazionale?
“Devo ammettere che è una grande soddisfazione aver contribuito ad affermare un giocatore del suo livello. Per me, però, e sono sincero, non è nulla di nuovo. In questi giorni sto rivedendo il ‘mio’ Davide che si inseriva negli spazi e non smetteva mai di correre”.
L’ha sentito dopo la partita con l’Ucraina?
“Ancora no, gli scriverò in questi giorni. L’ultima volta che ci siamo sentiti era appena arrivato all’Inter, gli ho detto che ha fatto la scelta giusta perché era il momento di fare il salto di qualità”.
Che ricordi ha del Frattesi tredicenne?
“Lo chiamavo il ‘Guerriero’. Non mollava mai, entrava in campo e correva dal primo all’ultimo minuto. Oltre alla tecnica di base, è stato questo fattore a fare la differenza”.
E’ vero che era un po’ permaloso?
“Alla fine di ogni partita mi piaceva avere un colloquio individuale con tutti i ragazzi, e quando facevo notare a Davide gli errori ogni tanto mi metteva il muso. Ma oggi sono sicuro che abbia capito quello che volevo trasmettergli”.
Qual è stata la prima cosa che l’ha colpita del piccolo Davide?
“Appena arrivato alla Lazio presi un gruppo di ‘99 nel quale c’era anche lui, erano tutti nuovi. Inizialmente faceva l’esterno di centrocampo, dopo qualche mese l’ho spostato in mezzo perché secondo me aveva una gran visione e tempi di gioco”.
Si dice che sia un grande tifoso della Roma.
“Questo non lo so, ma posso dire che è sempre stato un professionista: alla Lazio ha sempre dato il massimo, poi è andato alla Roma e si è impegnato allo stesso livello”.
Com’è andato il trasferimento da una parte all’altra della capitale?
“La Roma stava seguendo molti giocatori di quel gruppo, quando Davide ha compiuto 14 anni gli è scaduto il contratto annuale e la Lazio ha tentennato un po’ prima di rinnovarglielo per tre anni, così la Roma si è inserita e l’ha preso”.
In biancoceleste – e poi in giallorosso – faceva coppia fissa con Scamacca.
“Li facevo giocare quasi sempre insieme, erano legatissimi anche fuori dal calcio. Abitavano tutti e due nel quartiere Fidene, e spesso venivano al campo insieme accompagnati dai genitori di uno o dell’altro”.
Ci racconta un aneddoto?
“Quando vincemmo un torneo a Formello stavano festeggiando tutti con la coppa in mano tranne loro: erano dietro, sullo sfondo, e anziché esultare parlavano abbracciati”.
Ci dice un pregio di Frattesi fuori dal campo?
“E’ un ragazzo molto generoso, altruista; si mette sempre a disposizione degli altri. Quando andavamo in trasferta col pullman spesso ci fermavamo al bar, e Davide era sempre quello che offriva la colazione ai compagni”.
Un episodio in cui l’ha fatta arrabbiare particolarmente?
“Durante un torneo in Svezia c’è stato qualche attimo di tensione: semifinale col Goteborg, siamo sotto 0-1; Scamacca pareggia, Frattesi segna il gol-vittoria su punizione. Intorno al campo non c’erano barriere, così per esultare andò almeno 50 metri fuori dal campo finché non mi arrabbiai dicendogli che l’arbitro stava aspettando lui per far riprendere il gioco”.
Qual era il difetto sul quale ha lavorato di più?
“Portava troppo palla, era un po’ egoista perché aveva una tecnica superiore. A volte si faceva tre-quarti di campo saltando tutti palla al piede, altre finiva a terra perché arrivava un avversario più fisico. Negli anni è migliorato, oggi vedo che gioca molto di prima e sono felice di avergli dato qualche imput”.
La giocata più bella che ricorda?
“Un assist, in un derby con la Roma. Si è fatto tutta la fascia sinistra saltando un paio di uomini, poi l’ha messa in mezzo servendo un compagno che doveva solo appoggiarla in rete”.
E’ vero che il suo debole era la Nutella?
“Diciamo che erano in molti ad apprezzare la merenda con pane e Nutella prima delle partite, io li preferivo a patatine e Coca-Cola. Davide era uno di quelli che ne mangiava di più, ma visto quello che faceva in campo andava bene così”.
Si parla molto del suo ruolo nell’Inter: lui e Barella possono giocare insieme?
“Per me sì. Se Inzaghi trova l’equilibrio giusto due giocatori importanti come loro possono anche giocare insieme”.
De Zerbi lo voleva al Brighton.
“Ha fatto bene a rimanere in Italia, anche per un discorso di Nazionale. L’Inter ha fatto pressione e il giocatore ha dato apertura, era arrivato il momento di fare il salto in un top club e Inzaghi fa un gioco molto propenso all’attacco e agli inserimenti dei centrocampisti”.
Quanti gol ha in canna?
“Anche più di 10. Ha facilità d’inserimento e la tecnica che gli permette di fare gol. Gli faccio un grandissimo in bocca al lupo”.