Juvemania: Tudor lavora davvero come se restasse per 10 anni. A Roma occasione persa, ma la strada è giusta | Primapagina

2025-04-07 10:30:00 Fa notizia quanto riportato poco fa da Calciomercato.com:
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Redazione Calciomercato
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C’è sempre quella sensazione sospesa, da cantiere aperto. Qualcosa che potrebbe diventare bellissimo e che invece, più che essere brutto, semplicemente non è ancora. La Juventus ha ritrovato lucidità e gamba, il massimo che si potesse ottenere in dieci giorni per Igor Tudor, che ha esordito con un risultato fondamentale per riaccendere la fiducia. Fiducia che torna da Roma come un sedativo potente, capace di calmare, più che esaltare. Non c’è l’euforia di un colpo in trasferta, ma si respira la sensazione che le cose si stiano finalmente muovendo nella direzione giusta. Forse non la migliore possibile, non quella di un cambio netto e deciso. Ma va bene così: è più della semplice sopravvivenza, anche se ancora un passo sotto una vita da Juve, da storia.
Alla fine della gara dell’Olimpico, tutti hanno percepito quella strana atmosfera che accompagna i pareggi intensi e combattuti. Da un lato, la sensazione di aver perso un’occasione. Dall’altro, la consapevolezza di aver dato tutto, di aver lottato in apnea, galleggiando e affondando a momenti alterni. In realtà, la Juve è rimasta a galla per gran parte della partita, trovando il gol con Locatelli proprio mentre la Roma iniziava a sbirciare fuori dal guscio per capire la piega della sfida. Ma il vantaggio non è stato capitalizzato, anzi: la squadra ha quasi subito la pressione della gestione. Perché gestire non significa automaticamente saperlo fare. Vecchie tracce del “thiaghismo”.
Ma quanto è davvero diversa questa squadra rispetto a quella di appena due settimane fa? Se ci fermassimo a cercare le differenze, finiremmo per illuderci. Potremmo stare ore, e non sarebbe facile trovarne di concrete. Ci sono senz’altro segnali positivi: la tenuta difensiva, ad esempio, con una retroguardia sulla carta non irresistibile, ma ben organizzata e concentrata. C’è la partita a metà di Nico, tra voglia e imprecisioni, tra tentativi e un grande Svilar: ma almeno c’era. E poi c’è il grande nodo Vlahovic, che continua a non trovare la porta, a prescindere dalle occasioni. Suona familiare, vero? È una storia che conosciamo fin troppo bene.
Anche Roma-Juve, alla fine, ci ricorda che dell’era Thiago Motta non tutto va buttato. Ci sono state tensioni e momenti distesi, cose belle e altre da rimuovere. Ma come nei rapporti più intensi, il tempo e il lavoro finiscono per coprire le fatiche, più che guarire le ferite. Ci si dimentica facilmente del processo, anche se è stato preciso e faticoso. Si trattiene solo ciò che di buono è rimasto. Ed è da lì che si può ripartire.
Tudor lo sa. Lo ha capito in fretta. E sta cercando di disegnare la sua idea di Juve, nella consapevolezza che potrebbe essere l’unica occasione per farlo. “Lavoro come se dovessi restare dieci anni”, ha detto. Non sembrava una frase fatta. E forse, per davvero, non lo era.
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